Lo storico contemporaneo al “Festival delle storie” ripercorre la crisi del 1929 in America e la risposta che ne seguì. Reinterpretando dal vivo i brani di Woody Guthrie, il “menestrello” della grande depressione
di Cristiano Lanni, allievo della Summer school
Sarà un nuovo new deal a rigenerare i processi sociali ed economici del presente? Gioachino Lanotte, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore, al Festival delle Storie nella tappa di Gallinaro (Fr) racconta gli anni della Grande Depressione e di come l’America sia riuscita a riemergere. Un gigantesco programma di opere civili, una serie di riforme sociali, economiche, ed anche culturali, segnarono la fine dell’idea che il capitale rappresentasse di per sé la risposta alla crisi. Interpretando magistralmente le canzoni di Woody Guthrie, il “menestrello” della Grande Depressione, Lanotte descrive, voce e chitarra, una storia avvenuta quasi un secolo fa e dalla quale è forse possibile partire per affrontare le emergenze e le incertezze per il futuro che contraddistinguono il nostro tempo.
Il 24 Ottobre del 1929, infatti, l’America si rese conto di quale pericoloso baratro si stava aprendo nella propria economia. «Quel giorno è passato alla storia come il giovedì nero dei mercati finanziari – inizia il professore – Il panico dilagò, trasformandosi in psicosi collettiva. Le fabbriche dovettero chiudere, gli operai rimasero senza lavoro ed il circolo vizioso risucchiò gli Stati Uniti, e poi anche l’Europa, in una grave depressione economica». A complicare le cose le Dust Bowl, tempeste di sabbia che negli anni ‘30 investirono l’America del Nord e causarono un esodo di massa. Furono più di mezzo milione le persone costrette ad abbandonare le grandi pianure agricole del Texas, Kansas ed Oklahoma.
«Sì, le forze di mercato nazionali e internazionali durante la prima guerra mondiale avevano indotto gli agricoltori allo sfruttamento sempre più intensivo delle proprie campagne, oltre i loro limiti naturali. Terre sempre più marginali, che oggi verrebbero considerate inadatte alla coltivazione, vennero sfruttate per catturare i profitti derivanti dalla guerra».
Sono anche gli anni in cui un giovane artista si fa portavoce della miseria brutale di chi doveva migrare lontano a causa delle tempeste di sabbia e dell’avidità della finanza. «Woody Guthrie tramutò lo spettro di quella crisi in musica – riprende Lanotte – Guthrie è stato un testimone oculare di quel periodo, traducendo le storie delle persone che incontrava in una delle principali fonti d’ispirazione delle sue ballate, come ad esempio nella canzone This Land is Your Land. Ma anche altri artisti raccontarono la storia di questi hobos, persone costrette a migrare in cerca di lavoro dopo i pesanti danni inflitti dalla siccità. John Steinbeck, nel suo romanzo Furore, racconta la storia della famiglia Joad che abbandona la propria fattoria in Oklahoma e che tenta di insediarsi in California dove spera di ricostruirsi un avvenire».
E poi, nel 1932, viene eletto alla presidenza degli Stati Uniti il democratico Frank Delano Roosvelt che promette agli americani un New deal, un nuovo patto, coniando un’espressione che definirà un’epoca. «La politica di Roosvelt si compone di una serie di provvedimenti che segnavano la fine dell’idea della completa autonomia del capitale. attraverso La Works Progress Administration, la presidenza Roosvelt diede lavoro a milioni di persone nella costruzione di opere pubbliche, e nella realizzazione di grandi progetti nelle arti, teatro, media e alfabetizzazione». Una lezione della storia, secondo Lanotte, che si contrappone alle tentazioni di isolamento degli Stati e alle politiche di austerità. E che potrebbe rappresentare una via per indirizzare la contemporaneità verso una fase nuova.