Al Festival delle storie la giornalista del Tg2 presenta il suo primo romanzo, “Tutto il bene, tutto il male”. Più che una storia, un viaggio d’introspezione attraverso i diversi volti del dolore
di Maria Teresa Mariani, allieva della Summer school
«Sono nata perdonando. Non nutro risentimento verso chi mi ha fatto del male perché ho sempre cercato di trovare la motivazione psicologica che porta le persone ad agire in un modo anziché in un altro. Sono convinta che alla base del comportamento di chi genera dolore ci sia altro il dolore». Carola Carulli, giornalista culturale del Tg2, ci accompagna nella sfera emotiva che contraddistingue la sua prima “creatura letteraria”, come lei stessa la definisce, vale a dire “Tutto il bene, tutto il male”: il romanzo, edito da Salani (2021) nel quale racconta la storia di Alma, la somma di tutte le donne che nella sua vita hanno guarito le ferite causate da altri. Le donne, ma anche gli attimi, gli sguardi, tutti i momenti per i quali vale la pena vivere. Una storia, insomma, che mostra come oscilla l’ago della bilancia, appunto, fra bene e male. Abbiamo incontrato l’autrice a San Donato Val di Comino durante il Festival delle Storie che in questi giorni sta portando sul territorio molte presentazioni di libri e approfondimenti letterari.
Nel libro lei parla di perdono, un percorso che richiede tempo e soprattutto capacità di elaborare il dolore. Cosa è cambiato in lei e nella sua vita dopo il perdono?
Il perdono non ha avuto bisogno di arrivare, sono nata perdonando. Mi piace immaginare le persone come il mare, al di sopra di noi c’è una buccia e sotto di essa tutto quello che proviamo a nascondere e che ci ha portati ad essere ciò che siamo. Bisognerebbe imparare ad andare oltre.
Ma l’evoluzione della protagonista, Alma, sarebbe stata possibile senza la presenza di Sveva, sua zia ma in realtà la mamma che avrebbe voluto avere, fra le cui braccia si rifugiava?
Alma cresce e si evolve nel momento in cui la sua anima ha un senso. Ovvero quello di dare amore agli altri. Quando lo dona a Sveva in quel modo così totale comprende il suo vero compito in questo mondo. Perché lei sa che siamo un passaggio obbligato dove ognuno di noi deve fare qualcosa di importante per il prossimo. Il suo compito è compiuto. C’è una canzone di Battiato che dice “torneremo ancora”. Finché non saremo completi continueremo a tornare in questa vita qui.
Uno dei personaggi che compaiono nel suo romanzo, Sarah, fonda la sua identità sull’estetica, cioè sulla conquista di un ruolo nella società grazie alla bellezza. Nella sua vita come ha gestito il rapporto con la sua stessa bellezza, ha rappresentato un peso considerando che spesso viene interpretata quasi come un equivalente della superficialità?
Non l’ho mai sentito. Sei tu che decidi cosa gli altri debbano pensare di te. Se lasci trasparire che sei solo carina, gli altri penseranno di te che sei solo carina. Se hai altro da offrire il fatto che sei carina passerà automaticamente in secondo piano.
Infine uno dei fuochi del romanzo, capace di ardere d’amore universalmente, ma con la stessa forza è in grado anche di distruggere. Parliamo di maternità…
Sulla maternità c’è un capitolo dedicato. Quando racconto di Leyla che sta per affogare ed Alma la salva. È tutto scritto li. La maternità è complessa, difficile e catartica. Non tutte possiamo diventare davvero madri. Che a partorire è facile ma crescere un figlio è qualcosa di molto diverso.