I retroscena della vittoria di Jacobs. Parla Nicoletta Romanazzi, mental coach dell’oro olimpico

A Gallinaro (Fr), durante il Festival delle storie, magica serata con la motivatrice che ha portato al successo tanti sportivi e non solo. In questa intervista ci rivela i suoi segreti


di Antonella Spiridigliozzi, allieva della Summer School

C’è un’atmosfera ipnotica nella Chiesa di San Giovanni Battista a Gallinaro (Fr) questo martedì sera, quando in questo piccolo centro della Valle di Comino passa il Festival delle storie. Tutti gli occhi sono puntati su di lei, Nicoletta Romanazzi, quasi per carpire i segreti del successo conseguito dai numerosi atleti, calciatori di serie A e sportivi di altre discipline che durante gli ultimi anni si sono affidati alle sue doti di “mental coach”. Ma come si costruisce il successo in questi e altri campi? La Romanazzi ci racconta quanto sia importante saper affermare la propria identità, avere il coraggio di esplorare le nostre potenzialità, liberandoci di tutti quei vincoli psicologici a livello familiare e non solo che possono costringerci in abiti troppo stretti.

Lei ha parlato dell’importanza di “lasciar andare” tutto ciò che non ci appartiene. Capita spesso però di ritrovarci imbrigliati in situazioni da cui non riusciamo a liberarci. Pertanto, come riusciamo effettivamente a riconoscere ciò che non ci appartiene?
Imparando a conoscere noi stessi. Più siamo consapevoli di ciò che siamo e più sapremo riconoscere ciò che ci piace, che ci fa star bene. Quello che ci aiuta a comprendere se qualcosa è nostro sta nella sua comodità.  Mi sento comoda in quella circostanza? Se la risposta è no, probabilmente non è ciò che mi appartiene.

Lei ha parlato dell’importanza delle emozioni. Quanto incide, soprattutto in età adolescenziale, il meccanismo che porta a reprimerle?
Innanzitutto è difficile reprimere le emozioni. Il rischio che si corre è che le schiacciamo per un po’ e dopo vengono fuori quando meno ce lo aspettiamo, arrabbiate. Quando abbassiamo le nostre difese, tutto quello che abbiamo accantonato riemerge in maniera esasperata. Bisogna anzitutto insegnare ai ragazzi che le emozioni sono la cosa più bella che possediamo, che è possibile imparare a gestirle e che “surfare” sull’onda delle emozioni ci permette di usarle a nostro vantaggio.

Il lavoro di un mental coach è quello di insegnare al cliente a trovare la motivazione al suo interno. È più facile insegnare agli altri ad automotivarsi o saper motivare se stessi ?
Non puoi insegnare a motivare gli altri se non riesci a motivare te stesso.

C’è un momento in cui la persona che si rivolge  a lei prende atto del cambiamento che sta avvenendo oppure si tratta di un processo graduale?
I processi interni non sono mai lineari. Io non faccio altro che osservare quello che c’è dall’altra parte e al limite mostrarlo quando la persona che ho di fronte fa difficoltà a rendersene conto, ma è tutto lì, non metto nulla di mio. Mi limito ad essere una buona osservatrice e una buona ascoltatrice.

 

Arrivederci al Festival delle storie