Arte, scienza, cultura. Dentro il “gioco infinito” con Daniele Zambelli

A San Donato Val di Comino (Fr) l’incontro con l’imprenditore milanese che racconta una maniera diversa di interpretare la nostra vita, oltre gli schemi della competitività. Nel lavoro e non solo


di Cristiano Lanni e Concetta Zolfo, allievi della Summer school

«Quando incontriamo gli altri e decidiamo di mostrare la nostra vulnerabilità, se non siamo presi dall’idea di vincere per essere apprezzati, se ci liberiamo da queste paure, la vita comincia a diventare godimento puro». La pensa così Daniele Zambelli, presidente di Simmetrico Network, società di Milano attiva nel campo della progettazione museale, impegnato nel marketing e nella comunicazione, che ha adottato un approccio filosofico fortemente innovativo, basato sulla teoria del gioco infinito. Ne ha parlato durante uno degli incontri pubblici al Festival delle Storie, dove abbiamo potuto intervistarlo.

Qual è la differenza tra un gioco finito e un gioco infinito?

Ce ne sono molte. In un gioco finito ogni giocatore è invitato a partecipare in quanto ricopre un ruolo, esistono delle regole accettate da tutti i giocatori ed ogni giocatore gioca nello spazio di queste regole. Soprattutto, si gioca per vincere, un titolo o un privilegio. Ad esempio, in una partita di calcio esistono delle regole, ogni giocatore ha un ruolo e i partecipanti giocano per vincere, possibilmente riducendo il dispendio di risorse. Viceversa, per giocare ad un gioco infinito non è necessario avere un ruolo. È il giocatore che sceglie di partecipare al gioco, consapevole che regole e confini del gioco possono cambiare: l’obiettivo del gioco infinito è rimanere nel gioco e quando regole e confini mettono a rischio l’esistenza stessa del gioco allora devono cambiare.

Cosa contraddistingue il giocatore di un gioco infinito?

Innanzitutto la consapevolezza che nella vita siamo persone e non è sufficiente recitare dei ruoli. Inoltre, accettare di mostrare la propria vulnerabilità porta gli altri partecipanti al gioco a rivelare la propria, abbatte le divisioni e coinvolge nel gioco un numero sempre maggiore di persone. In un gioco finito, invece, la tattica di gioco è proprio quella di non mostrarsi vulnerabile al fine di intimorire l’avversario. Il giocatore di un gioco infinito non ha una strategia predefinita, perché gioca con tutto se stesso.

La certezza delle regole è una delle caratteristiche che contraddistingue il gioco finito, che ruolo ha l’incertezza nel gioco infinito?

In un gioco finito il giocatore cerca di evitare le sorprese, mentre nel gioco infinito il giocatore accoglie la sorpresa perché è spesso uno strumento utile per continuare a giocare. Il giocatore di un gioco finito si diverte perché non prende troppo seriamente il suo ruolo e gioca senza indossare una maschera ma gioca in quanto persona. Il Festival delle Storie, ad esempio, è un gioco infinito perché l’obiettivo è mantenerlo in vita, valorizzando le peculiarità della Valle di Comino e favorendo l’arricchimento e la crescita personale di chi vive questa esperienza.

Ma ci vuole coraggio per partecipare ad un gioco infinito?

Sì, bisogna avere coraggio ma, in cambio, ottieni un premio che non è un titolo ma è la possibilità di abbracciare ambiti sempre più vasti: l’arte, la cultura, la scienza e la vita stessa.

Arrivederci al Festival delle storie