Radici

Sei cresciuto in una strada dove una volta c’era un vecchio mulino e dicono che nei giorni di festa fosse come una piazza, con una torre colombaia davanti alla finestra. Una via con il nome fascista che nessuno aveva fatto in tempo a cancellare, sopra un’officina che lavorava anche di notte, lì dove finivano i motori e cominciava la campagna.

Sei cresciuto accanto a un mattatoio e hai visto tori scappare, come se la vita fosse una corrida, con un cortile davanti a un convento di Cappuccini dove c’era un mondo da immaginare. Sei cresciuto arrampicandoti sulla roccia senza mai guardare giù e pensando nei giorni di vento di riuscire a volare, con i vicoli sul Colle e l’orizzonte aperto di fronte al Rione.

Sei cresciuto contando i passi che vanno dall’arco alla piazza e guardando dal basso un castello dove arrivi passando da una porta del lago e non importa che il lago non c’è.

Sei cresciuto in un posto dove il tempo non passa e ci si vede quando ci si vede, con l’ansia di superare i due ponti e la sorpresa di incrociare a pochi chilometri di distanza gente che parla un dialetto diverso dal tuo.

Sei cresciuto lì dove a ogni ritorno c’è qualcuno che manca. È come seguire con il dito i cerchi dentro il tronco e contarli, senza sapere quando il cerchio sarà il tuo, per lasciare un segno, per chiudere i giochi.

Arrivederci al Festival delle storie